domenica 3 giugno 2018

Maometto e l’islam

La nascita dell’islam si deve al profeta Muhammad (Maometto) che ebbe la rivelazione di Dio, Allah, dall’arcangelo Gabriele nel 610. Il contenuto di questa rivelazione costituisce il Corano, il testo sacro che ha per la religione islamica il valore che ha per gli ebrei la Bibbia e per i cristiani il Vangelo.
Maometto ritiene di essere l’ultimo e definitivo profeta, preceduto da Cristo.
Maometto secondo una certa tradizione, non sa né leggere né scrivere e quindi trasmette oralmente il contenuto del Corano, che viene dapprima recitato a memoria e poi trascritto.
La trascrizione avviene grazie al califfo Uthman (nel 652).
Il Corano contiene precetti che riguardano tutti gli aspetti della società islamica e fissa gli obblighi fondamentali per un credente musulmano:
-la testimonianza di fede
-le cinque preghiere (al mattino, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto e un’ora e mezza dopo il tramonto)
-il pagamento dell’imposta coranica, ogni credente deve versare il 2.5% di ciò che possiede, un atto di solidarietà
-il pellegrinaggio alla Sacra Casa, la Mecca, in cui ogni musulmano deve recarsi almeno una volta nella vita
-il digiuno, il Ramadan, è il più osservato tra tutti gli obblighi  e impone il digiuno a tuti gli adulti dall’alba al tramonto nel mese lunare del Ramadan.

L’educazione nella civiltà musulmana

Il mondo arabo preislamico: la tradizione orale.
L’educazione e la cultura nell’Alto medioevo, sono caratterizzate dallo stretto rapporto con la religione.
Questo vale anche per la civiltà araba, che si sviluppa nella penisola arabica a partire dal VI-VII sec. D.C. grazie all’impulso dato da Maometto, il fondatore di una nuova religione monoteistica: l’islam.
Prima della conversione all’islam, l’Arabia è abitata soprattutto da tribù nomadi dedite alla pastorizia: i beduini.
Tradizioni, costumi e conoscenze passano di generazione in generazione grazie alla trasmissione orale, per mezzo di narrazioni.
I poemi preislamici, hanno anche un carattere pedagogico: insegnano ai ragazzi e ragazze i propri compirti e raccomandano i valori quali l’ospitalità , la generosità e la carità e l’amore per gli animali.

Carlo Magno e la scuola palatina

Un tentativo concreto di rianimare la cultura e l’istruzione si deve a Carlo Magno, re dei Franchi (742-817)
Il suo progetto politico prevede la costruzione di un impero che si richiami all’impero romano e al cristianesimo.
Carlo ha compreso l’importanza di una riforma della struttura del governo che investa tutti i campi della cultura e in modo particolare l’istruzione.
Nell’Esortazione generale indica le linee guida del suo progetto di riforma generale.
Egli ritiene fondamentale che tutti i popoli del suo regno siano accumunati dagli stessi costumi, da un’unica lingua e da un’unica religione e invita la Chiesa ad organizzare l’istruzione destinata non solo ai chierici, ma a tutti gli uomini liberi.
Nel 782 Carlo Magno ha incaricato Alcuino di York, uomo colto della Chiesa anglosassone, di istituire presso la sua corte, la Schola palatina, una scuola destinata ai figli della nobiltà laica.
Il programma didattico prevede:
-un’istruzione primaria
-un livello superiore con lo studio delle arti del trivio e quadrivio
-un livello più alto, con lo studio della filosofia.
Carlo Magno prevede la fondazione di scuole monastiche e presbiteriali per preparare programmi scolastici e impartire lezioni sia per i clerici che per i laici.
Dopo la morte di Carlo, il nipote Lotario I, estende a tutte le scuole urbane il modello degli studi classici della scuola palatina.

Gregorio Magno

Man mano che la Chiesa diventa sempre più importante, sorge la necessità della formazione dei sacerdoti e dell’istruzione dei fedeli.
Gregorio Magno, monaco benedettino e poi papa dal 590, si occupa di questi problemi.
Gregorio Magno è considerato un divulgatore della religione cristiana e nella sua Regola pastorale detta i principi pedagogici per la formazione di chierici e vescovi.
Convinto sostenitore della formazione popolare, egli ricorda ai suoi vescovi (quando era papa) di perseguire la formazione religiosa del popolo attraverso la predicazione, non dando sfoggio ad un linguaggio forbito, ma adattandosi ad un uditorio modesto.
Oltre alla semplificazione del linguaggio, importante è il ricorso alle immagini, perché anche gli analfabeti possano guardando sui muri, leggere le cose che non sono in grado di leggere nei libri.

Severino Boezio

Le arti liberali sono al centro delle riflessioni di Severino Boezio, il quale è convinto che nella difficile condizione dell’impero d’occidente si debba fare il possibile per conservare e tramandare la cultura, dando molta importanza alle discipline scientifiche. Scrive quindi una serie di opere dedicate alle discipline delle arti liberali.
Le arti del quadrivio colgono l’ordine e la perfezione del numero, dello spazio, dei corpi celesti e dei suoni. Boezio vuole fornire una conoscenza della verità del mondo.
In seguito Boezio scrive delle arti del trivio, in particolare si occupa della dialettica.
La dialettica si articola in tre fasi:
-lo studio della parola, del suono e del significato
-lo studio del valore logico della parola
-lo studio della proposizione.
Grazie a lui, la dialettica assunse nell’Alto medioevo un valore centrale nel curriculum formativo.
In carcere a Pavia Boezio scrisse l’ultima opera, “La consolazione della filosofia”, dimostrando il valore della formazione classica che può alleviare i mali dell’uomo anche nei momenti più tragici.
La valorizzazione delle arti liberali si riscontra anche con Marziano Capella, che considera le arti liberali espressioni delle facoltà umane.
Anche il vescovo Isidoro di Siviglia, scrive le Etimologie, opera in cui spiega il significato delle parole.

L’educazione nell’ alto medioevo

Benedetto da Norcia e Cassiodoro: il monachesimo occidentale.
Dopo l’Editto di Costantino (313 d.C.) che ha concesso a tutti i cittadini la libertà di onorare le proprie divinità e dopo l’Editto di Tessalonica che ha proclamato il cristianesimo religione di Stato, la Chiesa assume un ruolo fondamentale per la cultura del tempo e nell’educazione dei giovani.
Spesso sono le chiese locali a costituire un riferimento amministrativo in una situazione di caos (in seguito alle invasioni delle popolazioni germaniche) e la Chiesa garantisce l’istruzione.
Il monachesimo è una tra le forme dal valore pedagogico più profondo.
Il monachesimo inizialmente si esprime come il desiderio di imitare Cristo, scegliendo di vivere una vita in povertà, votata al sacrificio e alla preghiera.
E’ l’esperienza di vita di eremiti (gli anacoreti) che si allontanano per vivere in solitudine, in grotte.
Il movimento si organizza poi in comunità aperte e in seguito in comunità con regole di vita.
Il movimento nel VI secolo si diffonde grazie a Benedetto da Norcia, che fonda il monastero di Montecassino.
Secondo la Regola di Benedetto, la vita del monaco deve essere caratterizzato dall’impegno quotidiano e dal lavoro manuale. (coltivare l’orto, fabbricare oggetti artigianali, ecc.)
Anche malati e infermi devono lavorare in base alla loro condizione.
Al lavoro manuale i monaci alternano momenti di preghiera (ora et labora) e il lavoro intellettuale consiste nella copiatura di testi sacri.
E’ attribuito a Benedetto anche il testo “La Regula magistri”, in cui l’autore chiarisce alcuni principi pedagogici fondamentali per la formazione dei novizi e dei giovani che si apprestano a frequentare la scuola monastica. Importante è seguire la vocazione, in quanto il noviziato è un percorso lungo.
Un altro rappresentante del monachesimo è Marco Aurelio Cassiodoro. Anche lui è un uomo di alta formazione culturale. In Calabria fonda il monastero del Vivarium nel 537: questa comunità monastica ha la particolarità di essere dedita allo studio, alla trascrizione dei codici e all’insegnamento.
Cassiodoro elabora un compendio delle sette arti liberali, divise il trivio (grammatica, retorica e dialettica e quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia).
Le lettere umane sono le arti liberali; le lettere divine sono le Sacre scritture.

giovedì 26 aprile 2018

La filosofia cristiana

Le veritá del cristianesimo sono affrontate con la nascita di una vera e propria filosofia cristiana.

Nei primi secoli dell’etá cristiana, i Padri della Chiesa recuperano concetti del platonismo.

Dopo il XII secolo con la riscoperta delle opere di Aristotele, il pensiero cristiano dovrá confrontarsi con una visione del mondo diversa.

Convenzionalmente si distingue tra Patristica (autori dei primi secoli dell’etá cristiana) e Scolastica, che indica la filosofia elaborata all’interno di istituzioni scolastiche.

Sia la Patristica che la Scolastica si confrontano con uno dei grandi temi del pensiero cristiano: il rapporto tra la fede e la ragione.

Maometto e l’islam

La nascita dell’islam si deve al profeta Muhammad (Maometto) che ebbe la rivelazione di Dio, Allah, dall’arcangelo Gabriele nel 610. Il cont...