Le veritá del cristianesimo sono affrontate con la nascita di una vera e propria filosofia cristiana.
Nei primi secoli dell’etá cristiana, i Padri della Chiesa recuperano concetti del platonismo.
Dopo il XII secolo con la riscoperta delle opere di Aristotele, il pensiero cristiano dovrá confrontarsi con una visione del mondo diversa.
Convenzionalmente si distingue tra Patristica (autori dei primi secoli dell’etá cristiana) e Scolastica, che indica la filosofia elaborata all’interno di istituzioni scolastiche.
Sia la Patristica che la Scolastica si confrontano con uno dei grandi temi del pensiero cristiano: il rapporto tra la fede e la ragione.
giovedì 26 aprile 2018
Cristianesimo e filosofia
Ben presto il cristianesimo si trova ad affrontare una doppia sfida: una portata dalla societá e dalla cultura pagane contro la nuova fede, l’altra a causa delle diverse interpretazioni dello stesso messaggio cristiano.
Giá dal II secolo d.C. compaiono le prime vere scuole cristiane, in cui si insegna, oltre alla dottirna cristiana, anche elementi di filosofia greca.
I primi maestri vengono chiamati didaskaloi. Una delle prime piú importanti scuole, quella nata ad Alessandria d’Egitto, è chiamata Didaskaleion. Sulla attivitá tenute in questa scuola, non esistono molti documenti.
Con il catecumenato, attraverso lo studio della Bibbia, si educa complessivamente al cristianesimo, preparando al battesimo e all’ingresso nella comunitá dei credenti.
L’educazione prevede due livelli formativi: uno per gli incipienti (coloro che fanno ingresso nella comunitá cristiana), che vengono preparati al battesimo; un per i competenti, per i quali si cura una preparazione piú approfondita.
Qui compare la figura del sacerdote, al quale viene affidato il compito educativo nella comunitá dei credenti. Quando il battesimo è anticipato ai primi mesi di vita, il catecumenato scompare e al suo posto nascono le scuole superiori di teologia.
Il battesimo è per i cristiani una testimonianza pubblica di fede e la fede è preliminare della stessa conoscenza.
Ma la stessa fede viene confermata con la conoscenza.
Per combattere i nemici, il cristianesimo deve dotarsi di strumenti piú raffinati che ricava dalla filosofia greca.
Il modo di intendere l’educazione e la pratica didattica è perciò affrontata da grandi dibattiti dottrinari e filosofici, come ad esempio la questione della Trinitá e della natura umana e divina di Cristo.
Giá dal II secolo d.C. compaiono le prime vere scuole cristiane, in cui si insegna, oltre alla dottirna cristiana, anche elementi di filosofia greca.
I primi maestri vengono chiamati didaskaloi. Una delle prime piú importanti scuole, quella nata ad Alessandria d’Egitto, è chiamata Didaskaleion. Sulla attivitá tenute in questa scuola, non esistono molti documenti.
Con il catecumenato, attraverso lo studio della Bibbia, si educa complessivamente al cristianesimo, preparando al battesimo e all’ingresso nella comunitá dei credenti.
L’educazione prevede due livelli formativi: uno per gli incipienti (coloro che fanno ingresso nella comunitá cristiana), che vengono preparati al battesimo; un per i competenti, per i quali si cura una preparazione piú approfondita.
Qui compare la figura del sacerdote, al quale viene affidato il compito educativo nella comunitá dei credenti. Quando il battesimo è anticipato ai primi mesi di vita, il catecumenato scompare e al suo posto nascono le scuole superiori di teologia.
Il battesimo è per i cristiani una testimonianza pubblica di fede e la fede è preliminare della stessa conoscenza.
Ma la stessa fede viene confermata con la conoscenza.
Per combattere i nemici, il cristianesimo deve dotarsi di strumenti piú raffinati che ricava dalla filosofia greca.
Il modo di intendere l’educazione e la pratica didattica è perciò affrontata da grandi dibattiti dottrinari e filosofici, come ad esempio la questione della Trinitá e della natura umana e divina di Cristo.
La vocazione pedagogica del cristianesimo
Il cristianesimo fin dall’inizio ha assunto una funzione “pedagogica”. I seguaci di Gesú, gli apostoli, sono i suoi discepoli, ma viene assegnata loro una missione educativa, che richiede coerenza tra insegnamento e comportamento.
La prima educazione cristiana e l’importanza dei fanciulli
Nei primi secoli l’educazione cristiana non si appoggia ad una vera e propria struttura scolastica, ma è basata sul rapporto personale, che ricorda l’azione degli apostoli, un’educazione informale portata avanti dai Padri apostolici, apparsi tra il I e il II secolo d.C. Dal II secolo operano anche i Padri apologisti, in risposta ai pagani che vedono nel cristianesimo una religione sovversiva e pericolosa per la stabilità dell’impero.
Il messaggio di Cristo che l’educatore trasmette è incentrato sull’amore per gli altri. La pratica dell’amore non è facile, quindi gli uomini necessitano di una guida, rappresentata d Cristo, gli apostoli e i sacerdoti.
Anche la concezione dell’infanzia muta sensibilmente. Nella cultura pagana non si riscontra una particolare attenzione nei confronti dei bisogni specifici di quell’etá. Per Cristo invece i fanciulli diventano un esempio da imitare: sono i cuori dei bambini a essere considerati piú puri.
Il messaggio di Cristo che l’educatore trasmette è incentrato sull’amore per gli altri. La pratica dell’amore non è facile, quindi gli uomini necessitano di una guida, rappresentata d Cristo, gli apostoli e i sacerdoti.
Anche la concezione dell’infanzia muta sensibilmente. Nella cultura pagana non si riscontra una particolare attenzione nei confronti dei bisogni specifici di quell’etá. Per Cristo invece i fanciulli diventano un esempio da imitare: sono i cuori dei bambini a essere considerati piú puri.
Cristianesimo ed educazione
Negli ultimi secoli dell’impero romano acquista importanza una religione che porta con sé una visione innovativa dell’uomo: il cristianesimo.
A partire dalla predicazione di Cristo in Palestina, la nuova religione conquista l’impero stesso. Dopo una fase di persecuzioni, al cristianesimo viene riconosciuta la libertà di culto (con l’Editto di Costantino nel 313) e diventa la religione ufficiale dell’impero.
Man mano che l’impero romano va incontro allo sfacelo, cresce l’importanza della Chiesa cristiana, che cerca di conservare le strutture amministrative dello Stato.
I monasteri, che sorgono in campagna, diventano dei centri di conservazione e trascrizione di opere del passato.
Il cristianesimo diventa uno strumento pedagogico: Cristo è il maestro, i primi strumenti di educazione cristiana sono i Vangeli incentrati sulla figura di Cristo e del suo esempio. Fondamentale nell’educazione è l’imitazione di Cristo.
La vita stessa di Cristo diventa un esempio, e insegna attraverso esempi concreti che sono il contenuto delle numerose parabole. La parabola è quindi il racconto didascalico che ricorre a esempi concreti paragonando tra loro due situazioni.
L’intento di Cristo è quello di farsi capire da tutti.
A partire dalla predicazione di Cristo in Palestina, la nuova religione conquista l’impero stesso. Dopo una fase di persecuzioni, al cristianesimo viene riconosciuta la libertà di culto (con l’Editto di Costantino nel 313) e diventa la religione ufficiale dell’impero.
Man mano che l’impero romano va incontro allo sfacelo, cresce l’importanza della Chiesa cristiana, che cerca di conservare le strutture amministrative dello Stato.
I monasteri, che sorgono in campagna, diventano dei centri di conservazione e trascrizione di opere del passato.
Il cristianesimo diventa uno strumento pedagogico: Cristo è il maestro, i primi strumenti di educazione cristiana sono i Vangeli incentrati sulla figura di Cristo e del suo esempio. Fondamentale nell’educazione è l’imitazione di Cristo.
La vita stessa di Cristo diventa un esempio, e insegna attraverso esempi concreti che sono il contenuto delle numerose parabole. La parabola è quindi il racconto didascalico che ricorre a esempi concreti paragonando tra loro due situazioni.
L’intento di Cristo è quello di farsi capire da tutti.
L’educazione Cristiana fino a Sant’Agostino
Le lezioni di catechismo per la preparazione alla comunione e alla cresima, hanno origini molto antiche, che risalgono ai primi secoli dell’era cristiana.
Il mito della caverna di Platone
Benchè Platone condannasse le poesia, egli stesso si è servito di artifici letterari a scopo didattico, per rendere meglio comprensibile il suo pensiero, recuperando o inventando dei miti.
Uno dei più famosi è il mito della caverna, raccontato nel libro VII della Repubblica.
Il filosofo greco immagina che alcuni schiavi siano incatenati fin dall’infanzia in una caverna in modo tale da vederne solo il fondo, sul quale sono proiettate le ombre prodotte da statuette che vengono fatte passare alle loro spalle, sopra un muretto, illuminate da un fuoco.
Dalla loro posizione gli schiavi non vedono le statuette e credono che le orme siano l’unica e la vera realtà esistente. Uno schiavo però si libera e riesce a vedere le statuette, fonte delle ombre; uscito dalla caverna può capire, quando gli occhi si sono abituati alla luce, che a loro volta le statuette non sono la realtà, che è invece al di fuori della caverna.
Abbagliato dalla luce, non può vedere le cose subito: deve prima accontentarsi delle immagini riflesse nell’acqua, finchè tutto gli appare più chiaro e può alzare lo sguardo.
Lo schiavo, identificabile con Socrate, non si accontenta di tenere per sé la scoperta fatta, ma rientra nella caverna per portare la verità agli altri schiavi: viene inizialmente deriso da chi non crede a una realtà diversa da quella fino ad ora contemplata e viene ucciso.
Il mito illustra l’unione tra la conoscenza, educazione e politica.
Socrate compiuto il faticoso cammino verso la verità, vuole comunicare la sua scoperta a tutti gli uomini per liberarli dalla loro schiavitù: la caverna buia rappresenta la condizione di ignoranza che rende prigionieri di false credenze e della passioni.
Uno dei più famosi è il mito della caverna, raccontato nel libro VII della Repubblica.
Il filosofo greco immagina che alcuni schiavi siano incatenati fin dall’infanzia in una caverna in modo tale da vederne solo il fondo, sul quale sono proiettate le ombre prodotte da statuette che vengono fatte passare alle loro spalle, sopra un muretto, illuminate da un fuoco.
Dalla loro posizione gli schiavi non vedono le statuette e credono che le orme siano l’unica e la vera realtà esistente. Uno schiavo però si libera e riesce a vedere le statuette, fonte delle ombre; uscito dalla caverna può capire, quando gli occhi si sono abituati alla luce, che a loro volta le statuette non sono la realtà, che è invece al di fuori della caverna.
Abbagliato dalla luce, non può vedere le cose subito: deve prima accontentarsi delle immagini riflesse nell’acqua, finchè tutto gli appare più chiaro e può alzare lo sguardo.
Lo schiavo, identificabile con Socrate, non si accontenta di tenere per sé la scoperta fatta, ma rientra nella caverna per portare la verità agli altri schiavi: viene inizialmente deriso da chi non crede a una realtà diversa da quella fino ad ora contemplata e viene ucciso.
Il mito illustra l’unione tra la conoscenza, educazione e politica.
Socrate compiuto il faticoso cammino verso la verità, vuole comunicare la sua scoperta a tutti gli uomini per liberarli dalla loro schiavitù: la caverna buia rappresenta la condizione di ignoranza che rende prigionieri di false credenze e della passioni.
Platone e l’accademia
Il più importante allievo di Socrate è stato Platone.
La sua riflessione è centrata sull’ideale della giustizia, un principio che deve realizzarsi sia nella vita individuale che sociale.
Platone è deluso dalla condanna del regime democratico di Atene nei confronti del suo più importante cittadino: Socrate.
Egli rinuncia alla carriera politica cui è destinato per le sue origini aristocratiche e cerca fuori da Atene uno Stato meglio governato per realizzare una città ideale, i cui tratti sviluppa nella sua opera più importante, La Repubblica.
Per questo motivo si reca tre volte a Siracusa. Ma il suo sogno di creare uno Stato giusto fallisce.
E’ in seguito all’insuccesso del primo viaggio che fonda nel 387 a. C. , l’Accademia, una scuola che avrà lunga vita.
Convinto che uno Stato non può essere giusto se non è guidato da persone giuste, Platone elabora un progetto esecutivo allo scopo di preparare il nuovo ceto politico, perché condivide la convinzione di Socrate, secondo il quale non ci si può improvvisare politici.
Per trasformare la realtà politica occorre una rivoluzione culturale, che giunga a fondare una nuova tavola di valori.
Mentre Socrate si limita a confutare le definizioni altrui dei valori, Platone intende rintracciare verità e valori immutabili da realizzare tra gli uomini.
Per attribuire loro stabilità e universalità, Platone li colloca in un mondo ideale, che si chiama iperuranio.
E’ come se Platone considerasse i concetti di bene, giusto ecc, una sorta di oggetti speciali, diversi da quelli materiali, ma esistenti.
Questi enti sono chiamati in vari modi da Platone, il più famoso dei quali è idee.
La conoscenza delle idee è il punto terminale dell’educazione.
Per Platone i filosofi devono andare al governo o diventare consiglieri dei governanti.
Filosofia, educazione e politica sono dunque per lui, strettamente connesse: per realizzare la giustizia.
La sua riflessione è centrata sull’ideale della giustizia, un principio che deve realizzarsi sia nella vita individuale che sociale.
Platone è deluso dalla condanna del regime democratico di Atene nei confronti del suo più importante cittadino: Socrate.
Egli rinuncia alla carriera politica cui è destinato per le sue origini aristocratiche e cerca fuori da Atene uno Stato meglio governato per realizzare una città ideale, i cui tratti sviluppa nella sua opera più importante, La Repubblica.
Per questo motivo si reca tre volte a Siracusa. Ma il suo sogno di creare uno Stato giusto fallisce.
E’ in seguito all’insuccesso del primo viaggio che fonda nel 387 a. C. , l’Accademia, una scuola che avrà lunga vita.
Convinto che uno Stato non può essere giusto se non è guidato da persone giuste, Platone elabora un progetto esecutivo allo scopo di preparare il nuovo ceto politico, perché condivide la convinzione di Socrate, secondo il quale non ci si può improvvisare politici.
Per trasformare la realtà politica occorre una rivoluzione culturale, che giunga a fondare una nuova tavola di valori.
Mentre Socrate si limita a confutare le definizioni altrui dei valori, Platone intende rintracciare verità e valori immutabili da realizzare tra gli uomini.
Per attribuire loro stabilità e universalità, Platone li colloca in un mondo ideale, che si chiama iperuranio.
E’ come se Platone considerasse i concetti di bene, giusto ecc, una sorta di oggetti speciali, diversi da quelli materiali, ma esistenti.
Questi enti sono chiamati in vari modi da Platone, il più famoso dei quali è idee.
La conoscenza delle idee è il punto terminale dell’educazione.
Per Platone i filosofi devono andare al governo o diventare consiglieri dei governanti.
Filosofia, educazione e politica sono dunque per lui, strettamente connesse: per realizzare la giustizia.
Socrate: la forza del dialogo
A differenza dei sofisti, Socrate non è un maestro delle arti del discorso, anche se ne fa uso.
I sofisti sono professionisti della formazione, mentre Socrate dedica la sua vita alla filosofia: ai suoi allievi trasmette un insegnamento morale, per il quale non chiede compenso.
Socrate insegna ai suoi interlocutori che molte loro convinzioni sono solo opinioni infondate e li induce alla ricerca della verità.
Egli stesso è impegnato in questa ricerca perché l’unica certezza che possiede è quella della propria ignoranza:”io so di non sapere”.
La strategia di Socrate è un vero e proprio metodo: egli sottopone gli interlocutori ad un complesso gioco di domande e di risposte, mettendo alla prova le loro convinzioni.
Egli pone una domanda: cos’è……. E cerca la risposta nel concetto, nella definizione cioè della cosa esaminata.
Sotto le obiezioni di Socrate, le tesi degli avversari crollano.
Socrate induce chi dialoga con lui a fornire egli stesso una risposta alla domanda iniziale.
Questo metodo si chiama maieutica, un termine che indica l’arte della levatrice, che era sua madre: come sua madre aiuta le donne a partorire, egli aiuta le menti a partorire idee.
Il pensatore non possiede quella verità che induce a cercare.
Egli si dice ignorante, con un atteggiamento che viene definito ironia socratica: egli si definisce ignorante e considera il suo interlocutore sapiente per poi smascherarlo.
A differenza dei sofisti:
- A Socrate non interessa la retorica per persuadere, ma la dialettica come serrato dialogo guidato dalla ragione
- Socrate vorrebbe approdare alla definizione dei concetti di bene e giustizia, ponendosi un problema morale
- Per Socrate la virtù non è insegnabile dall’esterno, ma viene appresa attraverso una ricerca interiore.
Proprio per la ricerca interiore, Socrate è considerato lo scopritore dell’anima come coscienza: l’uomo è la propria anima e l’anima è la sede dell’attività pensante e morale.-
I veri valori per Socrate non sono i beni esteriori, ricchezza o fama, ma i valori da coltivare sono quelli dell’anima e in primo luogo la sì coscienza: è così che l’essere umano ottiene la libertà e la felicità.
Secondo Socrate gli uomini agiscono in vista della felicità, compiendo il bene, ma spesso per ignoranza scelgono il male.
E’ quindi necessario sapere cosa sia il bene. Chi conosce il bene, sa che conviene praticarlo perché trarrà vantaggio dal comportamento virtuoso.
La posizione di Socrate prende il nome di ottimismo etico ed è stata ritenuta intellettualistica, perché si affida alla ragione e alla coscienza.
I sofisti sono professionisti della formazione, mentre Socrate dedica la sua vita alla filosofia: ai suoi allievi trasmette un insegnamento morale, per il quale non chiede compenso.
Socrate insegna ai suoi interlocutori che molte loro convinzioni sono solo opinioni infondate e li induce alla ricerca della verità.
Egli stesso è impegnato in questa ricerca perché l’unica certezza che possiede è quella della propria ignoranza:”io so di non sapere”.
La strategia di Socrate è un vero e proprio metodo: egli sottopone gli interlocutori ad un complesso gioco di domande e di risposte, mettendo alla prova le loro convinzioni.
Egli pone una domanda: cos’è……. E cerca la risposta nel concetto, nella definizione cioè della cosa esaminata.
Sotto le obiezioni di Socrate, le tesi degli avversari crollano.
Socrate induce chi dialoga con lui a fornire egli stesso una risposta alla domanda iniziale.
Questo metodo si chiama maieutica, un termine che indica l’arte della levatrice, che era sua madre: come sua madre aiuta le donne a partorire, egli aiuta le menti a partorire idee.
Il pensatore non possiede quella verità che induce a cercare.
Egli si dice ignorante, con un atteggiamento che viene definito ironia socratica: egli si definisce ignorante e considera il suo interlocutore sapiente per poi smascherarlo.
A differenza dei sofisti:
- A Socrate non interessa la retorica per persuadere, ma la dialettica come serrato dialogo guidato dalla ragione
- Socrate vorrebbe approdare alla definizione dei concetti di bene e giustizia, ponendosi un problema morale
- Per Socrate la virtù non è insegnabile dall’esterno, ma viene appresa attraverso una ricerca interiore.
Proprio per la ricerca interiore, Socrate è considerato lo scopritore dell’anima come coscienza: l’uomo è la propria anima e l’anima è la sede dell’attività pensante e morale.-
I veri valori per Socrate non sono i beni esteriori, ricchezza o fama, ma i valori da coltivare sono quelli dell’anima e in primo luogo la sì coscienza: è così che l’essere umano ottiene la libertà e la felicità.
Secondo Socrate gli uomini agiscono in vista della felicità, compiendo il bene, ma spesso per ignoranza scelgono il male.
E’ quindi necessario sapere cosa sia il bene. Chi conosce il bene, sa che conviene praticarlo perché trarrà vantaggio dal comportamento virtuoso.
La posizione di Socrate prende il nome di ottimismo etico ed è stata ritenuta intellettualistica, perché si affida alla ragione e alla coscienza.
I sofisti e la nascita della paideia
Nel V secolo Atene raggiunge il vertice del suo splendore politico e culturale.
Sotto la guida di Pericle, ma anche dopo, la città è il luogo di attività dei principali protagonisti della cultura greca del periodo: i sofisti, Socrate e Platone.
Sofista indica i primi insegnanti a pagamento degli aspiranti politici.
I sofisti intendono insegnare l’arete politica, cioè la tecnica con cui un uomo politico può sostenere in pubblico le proprie tesi e sconfiggere l’avversario.
La nuova virtù consiste nell’abilità della dialettica e retorica, cioè l’arte del linguaggio.
Questa arete si può imparare.
Sotto la guida di Pericle, ma anche dopo, la città è il luogo di attività dei principali protagonisti della cultura greca del periodo: i sofisti, Socrate e Platone.
Sofista indica i primi insegnanti a pagamento degli aspiranti politici.
I sofisti intendono insegnare l’arete politica, cioè la tecnica con cui un uomo politico può sostenere in pubblico le proprie tesi e sconfiggere l’avversario.
La nuova virtù consiste nell’abilità della dialettica e retorica, cioè l’arte del linguaggio.
Questa arete si può imparare.
Atene e l’educazione del cittadino
Ad Atene prevale il principio della Dike, della giustizia: la polis non è fondata sulla forza, ma sulla legge.
L’arete ad Atene coincide con una vita condotta secondo giustizia.
E’ Solone, legislatore vissuto tra il VII e il VI sec. A.C, a proporre questo ideale.
L’arete è intesa come virtù civica: una forma di rispetto e dedizione verso lo Stato e le leggi.
Atene, ha esigenze diverse da quelle puramente militari.
I cittadini maschi adulti partecipano alla vita politica. Oltre all’educazione fisica e alla musica, vengono coltivate la lettura e la scrittura. La scuola è però per lo più privata.
Le figure educative sono diverse:
- Grammatistes, insegnante di grammatica e letteratura
- Kitharistes, maestro di musica
- Paidotribes, istruttore di ginnastica.
I ragazzi vengono accompagnati a scuola da uno schiavo, il pedagogo, mentre òle ragazze reastono a casa.
Il ciclo formativo si articola in diverse fasi:
- Formazione in famiglia fino ai 7 anni
- Dai 7 ai 14 anni i maschi vanno a una scuola elementare
- Alcuni ragazzi dopo i 14 anni seguono corsi di studio superiori per quattro anni
- Ai 18 anni avviene l’ingresso nella scuola militare, dove si resta fino ai 20 anni.
La formazione culturale ad Atene ha come obiettivo il buon cittadino.
Quindi a Sparta prevale l’addestramento, ad Atene si impone l’educazione.
L’arete ad Atene coincide con una vita condotta secondo giustizia.
E’ Solone, legislatore vissuto tra il VII e il VI sec. A.C, a proporre questo ideale.
L’arete è intesa come virtù civica: una forma di rispetto e dedizione verso lo Stato e le leggi.
Atene, ha esigenze diverse da quelle puramente militari.
I cittadini maschi adulti partecipano alla vita politica. Oltre all’educazione fisica e alla musica, vengono coltivate la lettura e la scrittura. La scuola è però per lo più privata.
Le figure educative sono diverse:
- Grammatistes, insegnante di grammatica e letteratura
- Kitharistes, maestro di musica
- Paidotribes, istruttore di ginnastica.
I ragazzi vengono accompagnati a scuola da uno schiavo, il pedagogo, mentre òle ragazze reastono a casa.
Il ciclo formativo si articola in diverse fasi:
- Formazione in famiglia fino ai 7 anni
- Dai 7 ai 14 anni i maschi vanno a una scuola elementare
- Alcuni ragazzi dopo i 14 anni seguono corsi di studio superiori per quattro anni
- Ai 18 anni avviene l’ingresso nella scuola militare, dove si resta fino ai 20 anni.
La formazione culturale ad Atene ha come obiettivo il buon cittadino.
Quindi a Sparta prevale l’addestramento, ad Atene si impone l’educazione.
Sparta e l’educazione del soldato
I due tipi di aretè (militare-eroica e intellettuale), nei poemi omerici, sono alla base dei modelli pedagogici di due poleis, città greche, che si sono fronteggiate nel mondo classico: Sparta e Atene.
Le due città incarnano due modelli politici diversi.
Sparta è una monarchia, mentre Atene è una democrazia.
Le due città elaborano due modelli diversi di educazione.
Sparta ha un’organizzazione di carattere militare. La sua società è divisa in tre classi: degli spartiati, i cui membri godono di pieni diritti politici e possono dedicarsi all’attività militare e alla guerra; i perieci, uomini liberi, artigiani e commercianti, possono avere proprietà ma non diritti politici, in quanto non sono considerati cittadini.
Infine la classe degli iloti, schiavi senza alcun diritto, in genere sono i contadini.
Il cittadino vive per la difesa della propria città e l’educazione ha lo scopo di formare bravi soldati.
In questa polis prevale infatti l’ideale dell’arete eroica.
E’ lo Stato a curare la formazione dei ragazzi, che diventeranno dei soldati.
A Sparta la formazione è scandita in questo modo, per i bambini che hanno superato la “selezione”:
- In famiglia dalla nascita fino ai 7 anni
- Dai 7 anni in poi lo Stato sottrae i figli maschi alle famiglie, inserendoli in fratellanze, cioè dei gruppi che cambiano per fasce d’età: fanciulli dai 7 agli a11 anni, ragazzi dai 12 ai 15 anni; eirenes o efebi dai 16 ai 20 anni: si tratta di militari
- A 20 anni i giovani fanno ingresso nell’età adulta.
L’istruzione mira all’irrobustimento del corpo e dell’addestramento militare.
I giovani divisi in sottogruppi, fanno capo a un paidonomos, un magistrato che cura la formazione militare.
Nel periodo dell’efebato, i giovani vengono sottoposti a dure prove di resistenza fisica. L’efebo a 20 anni guiderà gruppi di allievi più giovani.
I maschi spartani dai 18 ai 20 anni devono superare difficili prove di adattamento e mostrare abilità militari e di comando.
Gli insegnamenti principali sono musica, marcia, ginnastica e maggiori attenzioni sono dedicate allo sviluppo delle doti fisiche.
Anche la lettura ha una finalità militare, con l’insegnamento degli inni di guerra.
A Sparta anche le ragazze vanno a scuola all’età di 6, 7 anni, entrando in sorellanze.
Lo scopo è di temprare il corpo affinchè partoriscano figli forti.
A Sparta le donne godono maggiore libertà.
Le due città incarnano due modelli politici diversi.
Sparta è una monarchia, mentre Atene è una democrazia.
Le due città elaborano due modelli diversi di educazione.
Sparta ha un’organizzazione di carattere militare. La sua società è divisa in tre classi: degli spartiati, i cui membri godono di pieni diritti politici e possono dedicarsi all’attività militare e alla guerra; i perieci, uomini liberi, artigiani e commercianti, possono avere proprietà ma non diritti politici, in quanto non sono considerati cittadini.
Infine la classe degli iloti, schiavi senza alcun diritto, in genere sono i contadini.
Il cittadino vive per la difesa della propria città e l’educazione ha lo scopo di formare bravi soldati.
In questa polis prevale infatti l’ideale dell’arete eroica.
E’ lo Stato a curare la formazione dei ragazzi, che diventeranno dei soldati.
A Sparta la formazione è scandita in questo modo, per i bambini che hanno superato la “selezione”:
- In famiglia dalla nascita fino ai 7 anni
- Dai 7 anni in poi lo Stato sottrae i figli maschi alle famiglie, inserendoli in fratellanze, cioè dei gruppi che cambiano per fasce d’età: fanciulli dai 7 agli a11 anni, ragazzi dai 12 ai 15 anni; eirenes o efebi dai 16 ai 20 anni: si tratta di militari
- A 20 anni i giovani fanno ingresso nell’età adulta.
L’istruzione mira all’irrobustimento del corpo e dell’addestramento militare.
I giovani divisi in sottogruppi, fanno capo a un paidonomos, un magistrato che cura la formazione militare.
Nel periodo dell’efebato, i giovani vengono sottoposti a dure prove di resistenza fisica. L’efebo a 20 anni guiderà gruppi di allievi più giovani.
I maschi spartani dai 18 ai 20 anni devono superare difficili prove di adattamento e mostrare abilità militari e di comando.
Gli insegnamenti principali sono musica, marcia, ginnastica e maggiori attenzioni sono dedicate allo sviluppo delle doti fisiche.
Anche la lettura ha una finalità militare, con l’insegnamento degli inni di guerra.
A Sparta anche le ragazze vanno a scuola all’età di 6, 7 anni, entrando in sorellanze.
Lo scopo è di temprare il corpo affinchè partoriscano figli forti.
A Sparta le donne godono maggiore libertà.
Il Liceo è una tipologia di scuola secondaria
L’Accademia è un’istituzione di insegnamento superiore.
Sono Accademie anche istituzioni culturali artistiche, come l’Accademia della Crusca, del 1585 e ancora oggi attiva: si occupa della storia e dell’evoluzione della lingua italiana.
“Liceo” e “Accademia” sono parole di origine greca, che già millenni fa indicavano le istituzioni educative fondate da due filosofi: l’Accademia di Platone e il Liceo di Aristotele.
Sono Accademie anche istituzioni culturali artistiche, come l’Accademia della Crusca, del 1585 e ancora oggi attiva: si occupa della storia e dell’evoluzione della lingua italiana.
“Liceo” e “Accademia” sono parole di origine greca, che già millenni fa indicavano le istituzioni educative fondate da due filosofi: l’Accademia di Platone e il Liceo di Aristotele.
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